Death SS.
Voglio iniziare così, semplicemente con il nome. Un nome che racchiude tanto, tantissimo. Chi sono i Death SS? Cosa sono i Death SS? Queste domande, che mi sono auto-rivolto e su cui mi sono soffermato a lungo dopo averle sentite durante la puntata di una trasmissione web, mi hanno portato a formulare nella mia mente diverse risposte ed elucubrazioni, ripercorrendo, anche e soprattutto, vari momenti della mia vita. E quindi, a quattro mani insieme al fratello Phil Coursed, abbiamo deciso di dare sfogo non tanto ad una più meditata recensione degli album o retrospettiva del gruppo (come infine l'abbiamo strutturata), ma di lasciarci andare a descrivere quello che i Death SS hanno significato e significano per noi, cercando di condividere con chi avrà il piacere di leggerlo, un racconto di vita, emozioni, pensieri e, soprattutto, musica!
[Pietro]
Difficile dire cosa sono i Death SS e chi è Steve Sylvester per me, forse sono paura ed allo stesso tempo l’esorcismo della paura, sono fuga ed allo stesso tempo casa, sono i miei demoni ed allo stesso tempo i miei santi, sono il mio sogno ed il mio incubo, sono esoterismo e religione, sono trasgressione, evasione, ribellione ma anche famiglia e soprattutto sono una parte importante della mia esistenza. Il progetto Forge of Steel, piccolo o grande che sia, di cui andiamo molto orgogliosi è nato in seno alla passione per i Death SS capace di fare d’altare alla nascita dell’amicizia ormai fraterna con Pietro (precisamente nella prima fila del Porto Live Festival tra sudore e ammirazione verso l’entità in una calda sera del luglio di due anni fa). Questo lavoro non vuole essere una recensione dei dischi della band il cui valore assoluto è già stato certificando dal tempo bensì esclusivamente un omaggio del tutto personale al culto che tanto ha significato, significa e significherà per noi!
[Phil]
PRIMA TRILOGIA
Ogni storia che si rispetti inizia durante una notte buia e tempestosa… Ma questa storia inizia in realtà nei giorni di un caldo settembre del 1996, sui banchi di scuola del liceo scientifico dove conobbi il mio amico Fabrizio. Fu lui che, in uno dei tanti momenti insieme, mi fece vedere per la prima volta un video tratto da quella che poi in seguito ho riconosciuto essere la videocassetta di “The Cursed Show”. Un video dove i membri di una band vestiti come i mostri dei film dell’orrore suonavano un Heavy pesante ed oscuro (a quel tempo conoscevo giusto l’Heavy di Maiden, Helloween e Stratovarius), con una suora seminuda coperta di sangue… In pochi secondi fu subito amore, paSSione meglio dire, che portò alla mia “iniziazione” con l’album Heavy Demons reperito grazie all’amico Marco “Marcone” Gulino. E fu così che la SStoria ebbe inizio…
HEAVY DEMONS (Contempo Records, 1991)
Oggi, dopo ben 25 anni, inizio, con ordine cronologico inverso, proprio dal terzo lavoro dei noSStri, HEAVY DEMONS, il III sigillo, un album che fin dalla intro WALPURGISNACHT trasporta all’interno di una dimensione che trascende la realtà e che si popola di magia, incubi, mostri, riti, passioni… La mia mente allora adolescente, alla ricerca di brividi, immersa nei film horror che passava la TV a tarda sera, e curiosa verso il macabro l’occulto, non aspettava altro che cibarsi avidamente anche di quel Rock che univa all’aspetto musicale di forte impatto oscuro e malefico una componente scenografica per me senza precedenti. Sfogliare le pagine stesse del booklet e cercare di carpirne significati e segni diveniva un’operazione da fare con cautela e venerazione. WHERE HAVE YOU GONE? intanto esplodeva nelle mie orecchie con tutta la potenza della voce di Steve, riff di chitarra solidi e taglienti ed un ritmo che, anche grazie alle accelerazioni finali, nell’ultima strofa e sull’assolo di chitarra, faceva scuotere la testa e venir voglia di pogare e urlare davanti ad un loro immaginario set. Come co-responsabile della furia della traccia (insieme a Piece of Mind) Andy Panigada dei Bulldozer, da sempre vicino a Steve ed alla band. Se l’attacco di chitarra iniziale di HEAVY DEMONS è rimasto iconico e di una potenza assoluta, di certo il resto della canzone non è mai stato da meno. Un inno ai Demoni dell’Heavy Metal, una canzone antemica con un ritornello da cantare a squarciagola e con le strofe che, recitando “We're here to play that cursed music - That parents and teachers love to hate - We'll melt your brain with metal power - That burns forever young - When we're on stage we like to see - Your young blood burst in flames - You know we take no prisoners - We play and you must die!”, non potevano che spingere un giovane me con il suo primo (ed unico) embrione di band, usando come sala prove una chiesa sconsacrata (!), a cercare di emulare quella carica ed energia oscura con purtroppo pessimi risultati, complice il livello tecnico basilare ed un generale sincretismo di gruppo che portava a suonare la suddetta title-track in messo a canzoni di band come Litfiba e Nirvana. Aneddoto curioso, l’aver suonato Heavy Demons con anche un Sax nella band (Gaspare ti ricordi, vero?) sembrava una cosa a tempi strana ed originale non sapendo che fosse stata invece sdoganata dagli stessi Death SS negli album precedenti.
Si passa a FAMILY VAULT, ed al suo malinconico arpeggio iniziale che vira verso un solido Heavy e poi varia nuovamente in occasione della seconda ripetizione del ritornello creando una delle canzoni più evocative e varie dell’album, con un assolo di chitarra tagliente e melodico allo stesso tempo, probabilmente tra i migliori della discografia. L’inno LILITH, mid-tempo più cadenzato e gotico, riporta su terreni più demoniaci ed orrorifici, con gli archi, le tastiere e l’Hammond a rinforzare il mood lugubre ed a creare, insieme alla voce di Steve, sonorità da fanfare arcane. L’inizio di PIECE OF MIND è da paura… Chitarra, tastiera, lamenti e suadenti voci preparano l’animo all’esplosione di un riff divenuto ormai legenda, sulle cui note esplodono i fuochi on stage per l’ingresso (o sarebbe meglio dire uscita da… non lo sapete?!? Male a voi!) del Vampiro sull’Heavy/Speed che non conosce pause fino alla fine del brano, che bruscamente si interrompe passando agli arpeggi di WAY TO POWER (la cui genesi molto particolare risale ai primissimi anni della band), canzone lenta e con un tono di voce ipnotico a declamare un testo che è pura Filosofia e con un bellissimo assolo melodico.
Evocazioni cantate in latino introducono l’iconica BAPHOMET, dove si torna a correre con dei riff memorabili densi di una carica malefica e misteriosa che non ha eguali. Insieme alla title-track è sicuramente una delle canzoni più famose, richieste, sentite e cantate a squarciagola durante i concerti in un unico ed immenso satanico rito che culmina con l’estasi di “Solve et Coagula, Oh Baphomet!”. Il riffing finale dopo l’assolo che introduce l’ultimo ritornello è un qualcosa di magico ed incredibilmente potente come il brano nella sua interezza. Il processo ai Templari di INQUISITOR, canzone risalente all’EP Evil Metal del 1983 e qui riregistrata, è reso con una atmosfera assolutamente evocativa e con la sezione ritmica a scandire efficacemente la pena dei condannati al rogo mentre la stessa batteria, il basso e le chitarre partono in un furioso Heavy che non lascia altri vincitori sul campo di battaglia. La seconda parte rallenta e diventa allo stesso tempo maestosa ed angosciante per enfatizzare il sadismo dell’inquisitore e dell’oppressione ecclesiastica stessa. La maledizione lanciata sul rogo da Jacques de Molay, ultimo Gran maestro dell'Ordine templare, introduce TEMPLAR’S REVENGE, altra gran prova di solido Heavy da parte della band con violenti riff Speed/Thrash, dimostrandosi mai banale anche in questo frangente. La morte, o meglio la trasformazione dopo la morte, è protagonista di ALL SOULS' DAY che, anche qui in un’atmosfera molto evocativa e con una canzone più lenta ed a tratti litanica, conduce verso la fine del disco che si chiude con SORCEROUS VALLEY (BACK TO THE REAL), traccia scritta dal compianto Aldo Polverari, le cui tastiere creano una perfetta soundtrack dal sapore orrorifico cinematografico che mette il punto a questo incredibile album.
Nella riedizione del 1997 verranno aggiunte quattro bonus track. Le prime tre, già pubblicate nell’EP “WHERE HAVE YOU GONE?”, sono DEATH WALKS BEHIND YOU, cover di una delle canzoni più dark della Prog band inglese Atomic Rooster, davvero riuscita nella sua “heavyzzazione”, una versione remix di WHERE HAVE YOU GONE? ed una versione live di HORRIBLE EYES. Chiude il lotto THRILL SEEKER, dalla storia davvero particolare legata all’ambiente dei fumetti. La traccia era nata come un tributo a Dylan Dog commissionato dalla Bonelli Editore in occasione del primo Dylan Dog Horror Fest. Il brano inizia infatti con il trillo del diavolo di Giuseppe Tartini, suonato con un clarinetto dal celebre indagatore dell’incubo. Per vari motivi il progetto non venne portato a compimento e la canzone fu poi inserita in questa versione dell’album.
Steve Sylvester (vocals), Ross Lukather (drums), Andy Barrington (bass), Al Priest (guitars) and Jason Minelli (guitars)
BLACK MASS (Metalmaster Records, 1989)
Ed arriviamo al II sigillo, mia seconda immersione nel mondo Death SS. Se Heavy Demons già solo con la copertina aveva suscitato i miei più estremi interessi, BLACK MASS li aveva portati ad un livello ancora superiore acuendo allo stesso tempo il senso di profonda inquietudine nel vedere quel viso di un cristo demoniaco in croce per nulla sofferente e dallo sguardo penetrante e ribelle… Sublime! Maneggiandolo con ancor più estrema cura e devozione del precedente, inserisco il CD nel lettore e mi lascio catturare dall’iniziale arpeggio acustico di KINGS OF EVIL. La dolce melodia, quasi da gruppo Hard/AOR mi stupisce per il cambio improvviso da quanto ascoltato sino a quel momento, ma è solo per pochi secondi… L’Heavy, più selvaggio e ruvido sia nel suono che nel cantato, cattura sin dai primi riffs e trasporta fino all’esplosione del ritornello ed al successivo assolo di chitarra con la sua scarica di veloce e tagliente malvagità che avvolge l’invito finale “Come! Come! Come with us!”. HORRIBLE EYES mi era già nota per essere stata inclusa nella versione rimasterizzata di Heavy Demons; tuttavia, quella performance live escludeva l’intro di carillon con la canzoncina dei bambini in sottofondo che rende il tutto decisamente più diabolico ed inquietante preparando la strada al riffing principale a metà tra l’Heavy e Doom ed al primo splendido assolo di chitarra. Una sferzata di batteria anticipa invece il secondo assolo che sembra voler rendere più “dolce” il momento illudendoci di vedere la luce mentre in realtà stiamo sprofondando nelle viscere dell’abisso. Abisso che arriva con melodie oscure e diaboliche, in cui gli strumenti (memorabile il lavoro al basso) si amalgamano con le urla ed i lamenti, mentre viene descritta la Bestia che con i suoi Orribili Occhi si prepara a dominare il mondo.
Insieme con le due tracce precedenti, le successive CURSED MAMA e BURIED ALIVE sono tracce risalenti ai primissimi anni della band (registrate originariamente tra il 1979 ed il 1982), qui rimodernate, riarrangiate e registrate, chiaramente, con una nuova formazione. L’intro di organo di CURSED MAMA dà i brividi lungo la schiena creando una atmosfera catacombale ed eterea spazzata poi via da un affilatissimo Speed/Heavy che, nati in altro paese, avrebbe proiettato i Death SS ai vertici di tutte le classifiche Rock e Metal mondiali. Un rantolo sommesso e arpeggi acustici scandiscono l’inizio di BURIED ALIVE che presenta un Heavy più cadenzato e malefico dove il basso spicca più che altrove. La parte centrale è da paura, la batteria accelera, basso e chitarra disegnano linee melodiche che a tratti tendono quasi ad un Epic/Prog… geni assoluti! WELCOME TO MY HELL, anch’essa composta nei primi anni della band (dovrebbe risalire al 1978), è uno splendido esempio di dark sound anni ’70 davvero ricco e potente nelle scelte sonore, rese ancora più originali dal sassofono di Erik Landley (eccolo qui che appare!).
Esplosioni, devastazione e urla disperate sono l’incipit della fine del mondo in DEVIL’S RAGE, che esplode poi in un velocissimo riffing tra il Thrash ed il Punk, che rallenta giusto un paio di volte solo per rimarcare, con un bellissimo contrasto, la violenza della catastrofe e la furia scatenante. IN THE DARKNESS riprende nuovamente un pezzo storico, il tema musicale è quello di una traccia lenta e melodica, una vera ballad oscura, in cui i Death SS dimostrano di trovarsi perfettamente a loro agio tirandone fuori una traccia squisitamente bella, intensa ed evocativa. In chiusura dell’album ecco la title-track. Un pezzo non forte ma fortiSSimo, la satanica e malefica trasposizione musicale della celebrazione nera per eccellenza, la BLACK MASS. Scritta insieme al già ricordato Aldo Polverari, la canzone presenta un testo assolutamente unico ed inizia con un suono di campane ed intro stile orchestrale che aumentano la sensazione di angoscia e terrore enfatizzata anche dalle parole del celebrante che ci introduce al rito. Le tastiere accompagnano l’invocazione a Satana in lingua latina, mentre urla e lamenti contribuiscono a creare un crescendo di atmosfera maledetta (da puro film horror) che continua a montare vorticosamente nel suono degli archi, dei tamburi, di versi osceni ed oscuri, lamenti, grida di piacere e dolore che via via prendono velocità, trasportandoci in un empio gorgo da cui non possiamo, e non vogliamo, uscire. Il tempo resta sospeso per un lunghissimo istante, da cui ci risveglia il suono dei piatti ed il tagliente riff di chitarra a cui subito si sovrappone lo scream di Steve e nuovamente il suono del sassofono di Erik che, unitamente al resto degli strumenti, rende magnificamente la tensione e la carica esoterica e satanica dell’evento. Una canzone unica per un disco unico, carico di pathos, di malvagità e di un potente Heavy Metal!
Anche in questo caso l’album fu rimasterizzato nel 1997 dalla Lucifer Rising con l’aggiunta di cinque bonus tracks partendo con THE MANDRAKE ROOT, brano dei Death SS pubblicato nel 1990 come lato B del singolo In The Darkness (incluso nella raccolta The Cursed Singles). Si prosegue poi con tre brani inclusi nell’EP “King Of Evil” (se siete curiosi di sapere perché è diventato al singolare leggete La Storia dei Death SS), e precisamente l’extended remix di KINGS OF EVILS, la cover di GETHSEMANE (I ONLY WANT TO SAY), tratta dalla colonna sonora di Jesus Christ Superstar e la versione live di MURDER ANGELS (canzone tratta dal primo album). Infine, a chiudere il tutto la versione live di VAMPIRE, incredibile canzone di apertura del primo album.
Steve Sylvester (vocals), Kurt Templar (guitars), Marc Habey (bass), Kevin Reynolds (guitars) and Boris Hunter (drums)
IN DEATH OF STEVE SYLVESTER (Metalmaster Records, 1988)
Terzo, ma solamente nel mio ordine cronologico di scoperta, il I sigillo, un album che segna, come recita lo stesso titolo, la “morte” (dell’essere “Stefano”) e, come scoprirò anni dopo, la rinascita dopo gli eventi accaduti in precedenza. La band fu infatti formata nel 1977 dal sodalizio di Steve Sylvester e Paul Chain e tale alchimia durò fino allo split del 1982 (a seguito del quale Paul continuò con la sua carriera solista mantenendo comunque rapporti con Steve che si consolidarono in occasione di Free Man e Mad Messiah, i due album solisti del Vampiro rispettivamente del 1993 e 1998). L’album, primo vero full-length dei Death SS, viene pubblicato nel 1988 ma Steve lavorava già al suo progetto fin dal 1986, cercando le giuste energie per risvegliare la band da lui stesso definita in quel periodo “mummia dormiente”. Il demone Steve, che con le sue nere ali svetta su un trono di ossa e teschi sulla cover del disco, partorisce … IN DEATH OF STEVE SYLVESTER circondandosi di una line-up per me davvero eccezionale e creando una miscela alchemica che comprende canzoni risalenti al primo periodo della band e le tre nuove canzoni Vampire, Death e Werewolf. Proprio VAMPIRE è l’opener del disco, una canzone che resta per me ancora oggi tra le migliori. L’incipit cimiteriale, con campane, versi di animali, scricchiolii e tamburi, introduce la presentazione in parlato del Vampiro prima di partire a tutta birra con un violento Heavy Metal venato di Speed dove la voce di Steve colpisce subito per il tono aggressivo e mordace. Il crescendo nei versi che narrano la storia del mostro esplode con un rallentamento improvviso e con il fantastico refrain “Yes, I'm the vampire! The king of the night! Yes, I'm the devil. I am the master of your nightmare!” durante il quale la chitarra inizia a prendere il sopravvento con un bellissimo assolo heavy, oscuro e lungo che mi manda in estasi ad ogni ascolto. Traccia inarrivabile!
DEATH, pezzo successivo, inizia con un bellissimo arpeggio e con la voce di Steve più melodica e delicata prima di esplodere con dei potenti riff di chitarra ed una sezione ritmica splendida. Verso la fine la traccia si arricchisce con dei riff Thrash ad accompagnare la conclusione di un testo davvero particolare. Con BLACK MUMMY si passa a toni più oscuri e cadenzati corredati da effetti sonori da brividi, un Heavy/Doom che vanta davvero pochi eguali. Mood oscuro anche in ZOMBIE, più Heavy della precedente e con un assolo finale sempre di ottima fattura, che con la successiva WEREWOLF, Speed Metal da pogo sotto al palco e con il basso (di Andrew Fois) in grande evidenza, chiude il lato A del disco ed anche l’insieme di cinque brani dedicati ad altrettanti mostri della letteratura (e del cinema) Horror, impersonati dai membri della band.
TERROR, tratta dal primo demo del 1981, è un’altra delle canzoni simbolo del disco e della discografia dei Death SS. I versi di gufi e di altri animali fanno da apripista ad un drumming marziale seguito da un riffing oscuro e terrorizzante che rende perfettamente l’atmosfera del testo. Anche la voce di Steve si fa inizialmente più bassa e carica di pathos prima di esplodere nel bellissimo chorus. Nella seconda parte della traccia cala improvvisamente un sovrumano silenzio rotto soltanto dal basso che riprende le linee melodiche del chorus a cui segue ancora un altro bellissimo assolo supportato dalla ispiratissima sezione ritmica. Una traccia davvero spettrale ed atmosferica! Segue I LOVE THE DEAD, azzeccatissima cover di Alice Cooper ed omaggio ad uno degli artisti più apprezzati da Steve. THE HANGED BALLAD, stavolta presa dal demo del 1987, è una litania lenta ed evocativa, con un testo stupendo da leggere e gustare persi nel suono della mesmerizzante voce di Steve.
Chiude l’album MURDER ANGELS, altra canzone pescata dal primissimo demo (anche se in realtà come scrive Steve stesso il nucleo della canzone era il brano “Exterminator Angels” composto con gli Smooth, sua prima band), che ci risveglia prepotentemente i sensi con un velocissimo Speed/Heavy e che mette il punto ad un album originale, intenso e fondamentale per il Metal italiano ed oltre.
La versione rimasterizzata dalla Lucifer Rising Records nel 1997 include quattro bonus track, tra cui le due cover dei Black Widow IN ANCIENT DAYS e COME TO THE SABBATH, (riarrangiate ed heavyzzate alla maniera Death SS) in realtà già parte della prima versione in CD risalente al 1993, la versione di ZOMBIE come dal Demo del 1980 ed una versione live, sempre risalente al 1980, di BLACK MUMMY.
Steve Sylvester (vocals), Christian Wise (guitars), Erik Landley (bass), Kurt Templar (guitars, bass) and Boris Hunter (drums – Su Terror, Black Mummy, Zombie, Wherewolf e Murder Angels fu suonata da Dario Caroli)
Mi rendo conto che sto scrivendo queste ultime righe proprio a mezzanotte, mentre dal mio lettore arrivano le parole “It's midnight the time of the terror And it's coming my last hour! It's the time of the terror I only have to die now!”. Sarà un segno? Mi appresto allora anche io ad una “morte” metaforica lasciando spazio al prossimo trittico ed al fratello Phil con i suoi pensieri e la sua paSSione.
[Pietro]
SECONDA TRILOGIA
Inizio il contributo a questo splendido viaggio dalla prima mia immagine, da quel fotogramma che mi folgorò in un normale pomeriggio, in un normale negozio di dischi e dopo una normale giornata di scuola raffigurante un demone che sorreggeva una donna interamente nuda. Il fascino occulto e magnetico della copertina di Baron Samedi mi catturò per sempre e diede inizio ad una storia che tra alti e bassi mi ha da allora accompagnato in tutti i momenti più importanti della mia esistenza.
DO WHAT THOU WILT (Lucifer Rising, 1997)
Annus domini 1997. Il IV sigillo è quello del mio battesimo nel culto perpetuo dei Death SS. Da quel primo ascolto il modo di vedere la musica ma anche la vita in generale è totalmente cambiato, c’e’ qualcosa di magico, di esoterico che trascende in quelle note, qualcosa che ti porta via tra il moderno, il nuovo ma anche il romantico che trasuda in ogni melodia. Il concept legato alla filosofia di Aleister Crowley viene espresso in musica in modo assolutamente più elevato rispetto a quanto fatto da altri artisti testimone di una conoscenza piena della materia da parte di Steve. “The Serpent Rainbow” è una traccia con una sensualità gotica irrangiungibile che ha la capacità di sprigionare la stessa energia del primo innamoramento, quando si è presi e totalmente avvolti da qualcosa di nuovo e sconosciuto che però ti rapisce e ti eleva. DWTW contiene altri capolavori come “Baron Samedi”, “Scarlet Woman”, “Guardian Angel” che con propria identità, musicalità incantano, stordiscono e ipnotizzano l’ignaro ascoltatore ma sono ancora tanti altri brani da menzionare come la disturbante “Phoenix Mass” che con sonorità moderne ancora oggi (figuriamoci nel lontano 1997) mischiate a riff più heavy fa gridare al miracolo o come la suadente “The Shrine in the Gloom” dove il cantato di Steve che sembra fondersi con le note degli strumenti catapulta in altra dimensione oppure come la mefistofelica “The Way of the Left Hand” che attraverso un’intro di tastiere e la sua possente esplosione, dimostra e mette a terra tutte le conoscenze e capacità artistiche/tecniche della band.
Da ricordare anche la formazione che diede alla luce questa immensa opera composta oltre che dall’imprescindibile Steve Sylvester anche da Emil Bandera e Felix Moon alle chitarre da Oleg Smirnoff alle tastiere, Andrew Karloff al basso e Ross Lukather alla batteria, formazione che già dall’album successivo Panic non fu più la stessa a causa di alcune defezioni ma che ha dato a DWTW una carica oscura, esoterica, gotica e romantica come nessun altra band e’ stata in grado di fare su un proprio lavoro.
CULTO TOTALE!
PANIC (Lucifer Rising, 2000)
Annus domini 2000, nuovo capitolo del culto…nuovo sigillo, il V! Ricordo come fosse ieri la trepidante attesa verso questa nuova uscita, le ore passate nei negozi di dischi a pensare su come avrebbe suonato, se più simile a Heavy Demons o a DWTW anche se in realtà qualche settimana prima l’uscita del singolo Hi-tech Jesus spiazzò tutti, era un nuovo sound, sempre Death SS intendiamoci, ma totalmente diverso da quanto proposto in passato e avanti con i tempi (neanche le band americane avevano osato tanto) grazie soprattutto all’utilizzo della tecnologia HDCD (pionieri anche in questo!). Fui catturato dalla notizia che tutto l’album fosse incentrato sulla teoria del teatro panico e sulla figura di Alejandro Jodorowsky ma allo stesso tempo ero sicuro che sarebbe stato un capolavoro (non poteva essere altrimenti).
Quando ebbi il cd tra le mie mani (un sabato mattina entrai in negozio assieme al corriere che consegnava il pacco) vidi quella copertina raffigurante il volto di Steve con le sembianze del dio Pan che mi sconvolse e che ricordo portò un brivido lungo la mia schiena… Indimenticabile! Tanta era la voglia di ascoltarlo che non riuscì nemmeno a tornare a casa e chiesi al negoziante di metterlo nel lettore (lui è uno dei nostri). Ricordo che l’intro “Paraphernalia” con il parlato di Jodorowsky fu quasi un momento di adorazione mentre per “Let the Sabbath Begin” capimmo subito che sarebbe diventato un inno oscuro ed un classico soprattutto dal punto di vista concertistico. “Lady of Babylon” non riuscì a togliermela dalla mente per settimane tanta è la sua capacità di coinvolgimento soprattutto grazie a quelle tastiere e voci femminili che sul cantato di Steve hanno qualcosa di mistico come in “The Equinox of the Gods” brano di un’energia immensa quasi da trance mentre in “Ishtar” quel mood “new” ed allo stesso “loud” ci trasporto verso nuovi orizzonti musicali sinceramente almeno per me mai esplorati in precedenza.
Il ritmo sali poi con “The Cannibal Queen” e con “Rabies is a Killer” (cover dei fantastici Agony Bag) su livelli più Rock n’ Roll ma ancora dotati di una modernità senza precedenti.
“Tallow Doll” fu il brano che mi colpì di più al primo ascolto (forse quel suo incedere doom) e per cui restai di sasso fino alla fine dei 5 minuti e 30 secondi e poi la voce di Steve ragazzi, quella voce arrivava da un’altra dimensione... ero estasiato e posseduto… totalmente! Venne poi il turno di “Hermaphrodite” enorme traccia dal mood goth-industrial dove Steve sembra quasi raccontare tale è il pathos che mette in scena ed il cui ritornello si fatica a dimenticare già dopo il primo ascolto. Storditi (nel senso positivo del termine) da tanta bellezza ci addentrammo in “Panic” brano in cui flauto iniziale e tastiere sono entusiasmanti e dove il refrain su un ritmo più speed è assolutamente da urlo. “Auto Sacramental” outro con protagonista ancora Jodorowsky fu come l’intro... da adorazione quasi liturgica ma ci accompagnò alla fine di questa opera immensa (che riascoltammo subito dopo ovviamente). Da ricordare anche in questo caso la formazione che ha dato vita a tutto questo e che vedeva oltre a Steve Emil Bandera alla chitarra, Oleg Smirnoff alle tastiere, Anton Chaney alla batteria e Kaiser Sose al basso.
Panic è un’opera d’arte a 360 gradi da cui non è possibile distaccarsi ed in cui musica e concept si fondono come in nessun altro lavoro (a mia conoscenza) dando la possibilità di assistere grazie all’ascolto di un disco ad un emozionante spettacolo o ad una coinvolgente lettura di un libro.
CAPOLAVORO!
HUMANOMALIES (Lucifer Rising, 2002)
Annus domini 2002, VI sigillo. Erano passati solo due anni da quel capolavoro che portava il nome di Panic ma l’attesa per il nuovo capitolo della saga Deathssiana era spasmodica ormai da qualche mese, dove ci avrebbero portato le evoluzioni a cui Steve ci aveva abituato nel corso di tutta la sua carriera? Circolavano voci su collaborazioni con produttori americani di fama mondiale come David Shifmann e Fabrizio Grossi e sulla possibilità che il tema trattato fosse qualcosa mai affrontato prima, più moderno ma allo stesso tempo orrorifico e inquietante come da sempre la band aveva saputo fare. In particolare, Humanomalies avrebbe trattato il mondo delle anomalie e brutture ovvero un orrore più vicino al mondo reale ed al quotidiano sotto forma di un concept basato sul circo dei freaks mentre musicalmente ci sia aspettava qualcosa di ancora più moderno. Idee e pensieri che furono confermati del primo estratto “Pain” pezzo in cui il sound era qualcosa di più che al passo dei tempi, un mix tra rock, Goth, industrial e con ritmi quasi dance ma che manteneva intatto il carisma e la carica che deve avere un’opera Death SS, come sempre fui letteralmente spiazzato (in senso positivo) da tale genialità e l’attesa per il full-length che arrivò qualche settimana dopo si fece insopportabile.
Un venerdì di fine agosto del 2002 fui chiamato in tarda serata dal mio negoziante di fiducia che disse letteralmente “domani mattina ti aspetto per ascoltare insieme qualcosa che sarà attuale solo fra 20 anni, questo disco arriva dal futuro!”. Come al solito non riuscì a dormire e alle 8.30 ero già di fronte la saracinesca che mi fu sollevata anche con qualche minuto di anticipo rispetto al normale orario d’apertura. Inizia così l’ascolto, tanto atteso, dalle intense ed ammalianti sonorità circensi di “The Sideshow” che introducono alle splendide e pesantissime “Grand Guignol” e “Hell on Earth”, mi scossero e in un certo senso aprirono la mia mente anche verso certe nuove sonorità più new-metal e industrial mai esplorate in precedenza (anche se devo dire la verità... non trovai più nulla di simile). Fui poi letteralmente assalito, avvolto e incantato dalle note di due pezzi dalle sonorità più soft ed ammalianti come “The Sleep of Reason” e “Sinful Dove” (anticipata dalla evocativa intro Miserere) i cui refrain rimasero impressi al primo ascolto, mi accompagnano ancora oggi in momenti particolari. L’intensità di quelle note è qualcosa che non riesco ancora a definire (ammesso che possa essere fatto), qualcosa di magico e quasi da estasi.
L’ascolto della successiva “Sympathy for the Devil” cover dei Rolling Stone eseguita in maniera per me magistrale e difficilmente migliorabile qualche anno prima dai Guns n’ Roses per la colonna sonora del colossal “Intervista con il vampiro” mi lascio letteralmente impressionato, il riarrangiamento e la performance della band aveva creato praticamente un’altra traccia con una carica ed attrattività totalmente rinnovata e più avanti con i tempi (capacità che solo band e artisti unici possiedono), venni poi catapultato attraverso “Circus of Death” verso atmosfere orrorifiche tipiche dei lavori precedenti ma del tutto rinnovate nel sound mentre nelle successive “Feast of Fools” e “Evil Freaks” attraverso un mood più Rn’R scattò un headbanging sfrenato che ci assalì, eravamo totalmente soggiogati e sopraffatti da tale perfezione e novità. Menzione particolare mi sento di fare ad “American Psycho” traccia che attraverso suoni più USA stritolava tutta la produzione dell’epoca legata al New Metal e all’Industrial che proprio in quegli anni stava prendendo il sopravvento in termini di vendite nel panorama della musica estrema, chapeau!
Mi avvicinai alla fine del disco attraverso “Weird World” pezzo ancora trascinante e la conclusiva complessa, varia e sempre affascinante “Abnormal” con la consapevolezza di aver ascoltato (come annunciato dal mio amico) qualcosa di mai proposto in precedenza da nessuna band (che manteneva la stessa formazione di Panic) al mondo, qualcosa di totalmente innovativo e credo ancora di unico che forse all’epoca non venne capito da tutti ma che con il passare degli anni ha acquisito sempre più riconoscenza tra gli addetti ai lavori e tra i fans vecchi e nuovi di questa band fenomenale!
[Phil]
TERZA TRILOGIA
THE 7TH SEAL (Lucifer Rising, 2006)
Annus domini 2006, VII sigillo. Ho avuto paura, tanta paura! La paura che il sentiero della band che più di ogni altra aveva segnato indelebilmente la mia passione per la musica fosse giunto alla sua fine era reale e giustificata dalle interviste che Steve stava rilasciando proprio in quel periodo e che indicavano “The 7th Seal” come l’ultimo tassello di un patto magico nato circa 30 anni prima, patto che aveva dato origine a tutto e che in qualche modo lo terminava. In realtà non riuscivo a capire se quest’ultimo lavoro potesse coincidere con la fine dei Death SS o con una rinascita sotto nuove vesti, mi avvicinai al disco con tanto timore ma anche con la consapevolezza che se “Il Settimo Sigillo” fosse stato l’ultimo lavoro dei leggendari Death SS allora doveva essere anche il più grande! Le premesse c’erano tutte, il sound che sarebbe stato una summa delle sonorità e atmosfere espresse in tutti gli album precedenti nella sua evoluzione finale, il tributo all’omonimo film di Ingmar Bergman, il singolo apripista “Give ‘em Hell” che con un refrain indimenticabile segnava la collaborazione con la ICW (la nascente federazione italiana di wrestling) e la consapevolezza che dopo tanti capolavori Il Vampiro si sarebbe spinto ancora oltre.
Acquistai il cd nella sua edizione più limitata con lo splendido sigillo in cera lacca che dovetti rompere convinto però che in qualche modo ne avrei trovata un’altra copia da custodire intatta in futuro (ci riuscì molto tempo dopo), mi imbattei quindi nella splendida copertina interna raffigurante un angelo con il volto coperto e la doppia S del nuovo logo (che tanto mi affascina ancora oggi) a fare quasi da corna, passai cosi ad una prima visione del booklet nella quale fui colpito da delle carismatiche figure statuarie raffiguranti il volto dei singoli componenti della band compresi i nuovi entrati Glenn Strange al basso e Dave Simeone alla batteria, notai soprattutto la figura giunonica della nuova e sesta componente della band in qualità di performer Dhalila che mi colpi non poco nella sua immensa bellezza.
L’anthemica “Give ‘em Hell” già sopra menzionata come singolo apripista è anche la prima traccia di “The Seventh Seal”, pezzo che mi piacque tantissimo perché seguiva il motivo tracciato a livello sonoro da Humanomalies con un refrain che sin dal primo ascolto rimaneva scolpito, il tutto supportato dello splendido video promozionale. Ebbi però la sensazione che l’approccio legato al settimo sigillo (quello conclusivo e sintetizzatore di tutti gli stili utilizzati nei precedenti 30 anni) iniziasse dal pezzo successivo “Venus’ Gliph” attraverso la sua robusta modernità sorretta da riff di chitarra granitici ed il suo romanticismo presente in maggior modo nella parte finale caratterizzata da archi e atmosferiche gotiche, il tutto impreziosito da riferimenti nel testo all’omonimo capolavoro cinematografico del regista svedese. Mi innamorai poi della successiva “Der Golem” dove il testo riguardante il gigante d’argilla dell’antico testamento era sorretto da una varietà di suoni impressionante, i violini iniziali malinconici e inebrianti che accompagnati da campanelli e fruscii introducevano un riff possente con il cantato di Steve sempre aggressivo che grida “… and you can’t stop the Golem... Golem... Der Golem”.
Era un susseguirsi di grandi brani come il successivo e più catchy “Shock Treatment” che nel mezzo di sonorità tra Panic e Humanomalies trattava ancora temi vicini all’apocalisse e alla fine del mondo o la splendida “Absinthe” ancora più marcatamente modern rock n’ roll che con un ritornello azzeccassimo risultò indimenticabile sin da subito. Il sentimento di paura di cui scrivevo si rifece vivo nella leggendaria traccia “Another Life” una ballad senza tanti fronzoli, intima, indimenticabile ed emozionante dove le parole di Steve “I need another hour, another day, another Life” risuonavano nella mia testa come un testamento che non riuscivo ad accettare, non riuscivo a credere che tanta bellezza fosse quasi giunta alla fine, non volevo rassegnarmi ed in questo mi diede conforto la successiva “Psychosect” che potente come non mai e con rimandi ad Aleister Crowley mi fece tornare al giorno del mio primo innamoramento coincidente con l’ascolto del masterpiece "Do What Thou Wilt”. “Heck of the Day” mi infuocò sin da subito con quel suo incedere doom ed il mood più prettamente Rn’R che venne peraltro utilizzata nella sua interezza nello splendido documentario “The Seventh Seal” in cui vengono tratti i migliori momenti del backstage e non solo del tour di supporto al disco mentre “S.I.A.G.F.O.M.” acronimo di Satan Is A Good Friend Of Mine mi incantò per la sua inebriante e avvolgente melodia sorretta dalla sempre accattivante voce del Vampiro, da assoli di chitarra memorabili e da un ritornello ancora indovinato. “The Healer” riportava all’hard rock degli anni 70, un pezzo ancora anthemico, di quelli che difficilmente dimentichi con una profondità del suono fuori dal comune come la successiva e più moderna “Time to Kill” in cui i ritmi si alzano (con sonorità molto simili a ad un mix tra Humamolies e Panic) ed in cui refrain ancora rock n’ roll incantano. Giungo così alla conclusiva suite “The 7th Seal” interamente dedicata (come tutto l’album) al film di Bergman, con un sound più progressive rock ed in cui sono presenti riff di chitarra stratosferici, refrain anthemici, campionamenti sublimi e ad impreziosire il tutto l’assolo di flauto del maestro Clive Jones del Black Widow. Un pezzo che io considero data la sua struttura, intensità ed evocatività trasmessa tra i punti più alti della discografia dei Death SS.
“The 7th Seal” è il disco in definitiva che in me ha suscitato più emozioni, un disco che adoro in ogni sua nota, ancora attualissimo (forse più di allora) e precursore che mi accompagnerà per sempre. Le mie paure sulla fine del percorso dei nostri erano giustificate? Lascio la risposta nel successivo capitolo al fratello Pietro.
[Phil]
RESURRECTION (Lucifer Rising, 2013)
Nonostante le dichiarazioni di Steve che con The 7th Seal si fosse chiuso un ciclo per la band (letto da tanti come una fine), il nome e l’attività dei Death SS continuavano tuttavia a risuonare forti e vibranti grazie all’uscita di singoli, compilation in edizione limitata prodotte dal Cursed Coven (fan club ufficiale della band), l’ottima raccolta All the Colors of The Dark e concerti, tra cui la memorabile partecipazione all’Italian Gods of Metal del 2008 poi immortalata l’anno seguente in un live album. Anche come attività “solista”, il nostro Vampiro non è mai stato veramente fermo dedicandosi ai suoi altri progetti quali Sancta Sanctorum e Opus Dei/W.O.G.U.E. nonché collaborando nel mondo della “pellicola di celluloide” con vari ruoli. Una prima vera anticipazione fu data all’interno del libro “Il Negromante del Rock”, pubblicato nel 2011 da Crac Edizioni, in cui Steve accennava a del nuovo materiale e ad un patto che si poteva rinnovare con nuove energie. Urrà!
E sul finire del 2012 ecco che arriva il primo nuovo singolo “The Darkest Night” che ci porta in realtà fuori dalla notte più nera e verso la “Resurrection”, il nuovo inizio della band pubblicato in una data dalla forte valenza numerica, la rinascita dopo la chiusura del patto esoterico trentennale culminato con il VII sigillo (7 anni dopo… un segno anche questo?). La lineup vede l’esordio di Bozo Wolff alla batteria e di Al De Noble alla chitarra, acquisti importanti non solo dal punto di vista musicale.
Resurrection non è un lavoro per nulla banale o scontato (ma non lo è mai nessun album dei Death SS), ma è un’opera complessa, articolata e varia e che per questo ha lasciato di stucco parte dei fans. Io stesso ho dovuto ascoltarlo più volte per coglierne tutte le sfaccettature, apprezzarne l’estrema qualità e poterne dare un giudizio più obiettivo e meno da “fan”. L’eterogeneità di questo lavoro è figlia di quello che sono oggi i Death SS, della loro carriera e delle loro passioni. Un lavoro, una operazione alchemica meglio, che mescola sapientemente ingredienti esoterici, cinematografici, grafici in un amalgama musicale che abbraccia l’Heavy dei primi anni, il gothic e l’industrial più recente. Il tutto contornato sempre da un eclettismo ed una voglia di sperimentazione che sono da sempre il marchio di fabbrica dei noSStri. In definitiva questo album è i Death SS.
La copertina ci introduce subito in uno degli aspetti più peculiari. Creata (come l’artwork tutto) da Emanuele Taglietti, noto pittore ed autore di molte copertine di fumetti sexy/horror italiani di cui Steve è grandissimo estimatore nonché collezionista, mostra Belzeba, Principessa dell’Inferno, uscire dalle fiamme in primo piano davanti la band.
Un inizio pulsante, di stampo techno, con la voce sussurrata di Steve ci introduce in REVIVED, opener dell’album. La canzone si sviluppa con dei serrati riff Heavy su dei groove Industrial/elettronico più vicini al periodo di The 7th Seal. Per tornare agli “ingredienti”, la canzone ha fatto da sfondo alla puntata “666” della fiction TV “L’Ispettore Coliandro”. Si cambia completamente registro con la successiva THE CRIMSON SHRINE, omaggio alla poesia “Inno a Pan” composta da Aleister Crowley, che crea un ponte con l’esoterismo dell’album Do What Thou Wilt. Le tastiere di Freddy e l’atmosfera più gotica della canzone, la cui stupenda parte centrale con i cori prima e il narrato femminile unito alle tastiere dopo, creano uno dei pezzi migliori dell’album e tra i miei preferiti di tutta la discografia. Nella seconda parte tocca alla chitarra di Al mettersi in mostra con riff azzeccatissimi ed un Heavy solo da sballo che ci accompagna al crescendo finale. Con THE DARKEST NIGHT, citata precedentemente come apripista dell’album, si torna indietro nel tempo con un Heavy Metal più classico e solido ed un ritornello evocativo e di facile presa. Non è difficile, tuttavia, notare delle sfumature tendenti ad un sound di natura progressiva e anche più moderna che non fa altro che confermare l’assoluta originalità e genialità compositiva della band.
Arriviamo a DIONYSUS (scritta con JJ Masini), mio secondo pezzo preferito dell’album. Un inizio davvero suggestivo ed evocativo, grazie ancora ai cori femminili ed alle tastiere, che preannuncia una traccia dal songwriting eccezionale, dove la voce di Steve, carismatico e paSSionale, arrangiamenti Heavy, oscuri, melodici ed ispirazioni Dark si fondono insieme nella creazione delle celebrazioni dionisiache, in cui ci immergiamo liberi, selvaggi e senza costrizioni come lo stesso Dioniso, compagno di scorribande e amico del dio Pan (e qui ci torna in mente il V sigillo “Panic”). Anche qui una parte centrale con narrato femminile è seguita da un assolo di chitarra ancora più melodico ed evocativo. EATERS, traccia successiva, è stata commissionata per far parte della colonna sonora dell’omonimo zombie-movie che vede anche Steve all’interno del cast. La canzone si presta sicuramente allo scopo con il suo Horror Heavy/Industrial style ed è particolarmente azzeccato anche il video clip, con il cantante nei panni di un terrificante prete zombie. Grandissimo il lavoro della chitarra con tapping, scale e assoli di primo livello. Inizio da ballad emozionale per STAR IN SIGHT (se non erro prima canzone scritta in collaborazione con Glenn Strange), che in effetti resta più atmosferica e melodica, pur presentando riff solidi che non sovrastano mai le tastiere ma anzi ne enfatizzano l’effetto. Anche questo brano è ispirato ad una poesia del noto occultista inglese (una delle più significative e profonde). Terrore ed inquietudine in OGRE’S LULLABY, canzone anche questa realizzata per la colonna sonora di un film horror, Paura 3D dei Manetti Bros, tra le più lente e sulfuree mai scritte dai Death SS. Sin dal suo inizio, il suono di un carillon si mescola ad urla, pianti di bambini ed alla pesantezza di lenti riff Doom facendone un brano maligno e cupo.
SANTA MUERTE celebra la divinità messicana il cui culto, clandestino fino al XX secolo, è stato reso pubblico ad inizio del XXI secolo e conta oggi tantissimi seguaci tra la popolazione. La traccia, dall’anima profondamente Rock unita ad un riffing decisamente moderno (dovuto anche all’apporto del grande amico Andy Panigada), è diventata sigla della web miniserie “Squadra Investigativa Speciale”, realizzata dalla Scuola di Cinema Indipendente di Firenze. Ancora una colonna sonora per il progetto di un horror-movie nato da un’idea di Steve ma ahimè mai arrivato a compimento. THE DEVIL’S GRAAL, ispirata ai delitti del Mostro di Firenze, se da un lato riprende le atmosfere testuali di The Darkest Night, dall’altro presenta tutto un altro mood, più grave e cadenzato, meno frenetico, un pregevole Heavy/Doom con un ritornello che, nel suo crescendo, esprime un pathos davvero incredibile. Pur adorandole tutte, tra le mie preferite c’è senza dubbio anche la successiva THE SONG OF ADORATION. Flauti e suoni di un lontano oriente introducono un arrangiamento Progressive oscuro, misterioso ed evocativo dove arpeggi più tipicamente Power si mescolano al suono etnico del Sitar ed alla voce di Steve ancor più carica che altrove di tensione e drammaticità (complice di questa mia sensazione anche la performance nel bellissimo videoclip). La traccia, ispirata ad uno dei capitoli del “The Book of The Law” del sempre presente Aleister Crowley, per questo suo essere meno Death SS delle altre risulta ancora più intrigante ed innovativa e pertanto degna di stare nel novero delle migliori. Con PRECOGNITION la band dimostra di non aver paura nello sperimentare arrangiamenti e riff decisamente innovativi in cui non mancano inserti di musica elettronica in sottofondo a rendere più corposo il risultato, impreziosito anche da un bell’assolo di chitarra del sempre efficace Al. Il ritornello catchy ed un ritmo da headbanging la rendono perfetta per essere inserita in scaletta in occasione di qualche concerto. BAD LUCK chiude il lavoro dando prova, semmai ce ne fosse bisogno, che Steve è una persona dotata di grande intelligenza ed auto-ironia. Con grande maestria, il fresco ed allegro Rock ‘n Roll della canzone manda a quel paese tutti quegli stupidi che hanno sempre creduto che il solo nominare la band portasse sfortuna.
“If you believe I bring you Bad Luck - Stay away from me and shut up”
Steve Sylvester (vocals), Freddy Delirio (keyboards), Glenn Strange (bass), Al De Noble (guitars) and Bozo Wolff (drums)
[Pietro]
ROCK ‘N’ ROLL ARMAGEDDON (Lucifer Rising, 2018)
Sono rari quei momenti in cui ti senti felice, soddisfatto ed in preda ad una euforia quasi mistica che risuona nella mente e fresca nei sensi e pensi che non possa esserci nulla di meglio, ma ecco che una ulteriore feroce scarica di adrenalina ti innalza ad un livello superiore e provi sensazioni che quasi non credevi possibili… è così che mi sono sentito quando, finito il super concerto dei Death SS al Live di Trezzo in quel 10 settembre del ’97 (di cui verrà poi prodotto il Live DVD “The Whole Rite”), mentre ancora godevo del rito a cui avevo appena partecipato (vedendo anche il mitico Al Priest on stage) delle immagini sullo schermo mostrarono il logo e la scritta “Rock ‘N’ Roll Armageddon”… e fu subito IX sigillo! Da quel momento l’hype fu assoluto (come ogni attesa di una SSacra release) e, complice anche il fatto che dopo anni di lavoro all’estero ero stanziale a Milano, seguii con passione ed entusiasmo estremi la genesi, le presentazioni, le release dei vari singoli ed i CONCERTI (elemento imprescindibile) come mai avevo fatto prima di allora.
Rispetto al sigillo precedente questo nuovo lavoro si configura con delle sonorità per certi versi più dirette. Non mancando sperimentazioni elettroniche e canzoni più prettamente industrial, molti dei brani riportano agli anni ’80, siano essi di matrice più Heavy o più Dark, riallacciandosi anche alla produzione solista di Steve. D’altra parte, già l’artwork, opera del bravissimo Alex Horley, riporta l’iconografia dei “mostri” più classica. Il Vampiro in questo lavoro mostra sicuramente una marcia in più, sfoderando una prestazione eccellente come se il tempo lo avesse ringiovanito e reso ancora più consapevole dei suoi mezzi e potenzialità (ma se aveste letto Il Negromante del Rock dovreste sapere che…). È anche doveroso dire come il lavoro sia frutto di un “team work” altamente professionale ed unico che vede in primis, ma non ne vogliano gli altri, la sapiente mano (oltreché dita) di Freddy Delirio in veste di produttore presso il suo FP Recording Studio. A questo si aggiunga la stabilità della grandiosa line-up e la partecipazione di ospiti illustri, tra cui Andy Panigada nella traccia aggressiva e fortemente Heavy “Slaughterhouse”, Al Priest come lead guitar aggiuntiva a dare man forte al bravissimo Al De Noble (Steve, spero ci permetterai di “vivere” nuovamente la formazione a due asce live!) e JJ Masini in veste sia di bassista (Madness of Love) che di co-compositore della stessa “Madness of Love” e di “Creatures of the Night”, canzoni dalla forte impronta Dark Gothic anni ’80. Tra tutte le splendide canzoni che compongono questo lavoro aggiungo anche menzione per “Black Soul”, traccia dannatamente oscura, gotica, cimiteriale ed intensa, impreziosita da arrangiamenti di chitarra vicini al Prog, canti gregoriani e cori femminili e per “Hellish Knights”, altro brano Heavy e veloce con un bellissimo ritornello che, a parer mio, chiude una satanica trinità insieme a “Heavy Demons” e “Kings of Evil”.
[Pietro]
10.09.2017, il giorno in cui i Death SS al metalItalia.com festival da headliner avrebbero festeggiato il loro quarantennale e probabilmente dato l’addio ai loro fedelissimi fans o almeno così sembrava nelle settimane che anticipavano l’evento. Ricordo quel giorno in ogni suo momento, sull’onda di contrastanti e intense emozioni strinsi la mano a Steve durante il meet and greet ringraziandolo per tutto quello che in tanti anni aveva donato a tutti noi, ricevetti come risposta un sentito “Grazie a voi per la passione e supporto”, ciò mi rese ancora più orgoglioso di essere parte del culto che si stava svolgendo quella magica domenica. Il concerto fu inebriante, coinvolgente, oscuro, maledetto, un’esperienza mistica in cui la band in forma smagliante diede al proprio pubblico più di quello che ci si poteva più lontanamente aspettare. Vissi le note di Heavy Demons tra euforia e lacrime e quando sull’ultima nota i lustrini rossi (parte della splendida coreografia) caddero per terra un’immagine nei grandi monitor laterali del live di Trezzo scatenò in me un mix di intensa felicità, soddisfazione, sorpresa, sollievo, era la copertina del futuro nuovo singolo Rock n’ Roll Armageddon!!! Non era finito nulla ed ancora una volta la storia della band che più amavo sarebbe andata avanti! Da lì cominciò la spasmodica attesa del full length che terminò alla presentazione nei primi giorni di settembre del 2018 al Rock N’ Roll Live di Milano (mai come quella volta fui così felice di essermi trasferito per lavoro a Milano dalla mia Palermo).
Dopo aver acquistato le mie copie (conobbi in quell’occasione Il grande Gabriele Lipani) e visionato per circa dieci (10!) minuti di pura venerazione la splendida copertina creata dall’illustre fumettista Alex Horley ascoltai il disco (mixato e masterizzato negli FP Recording studio di Freddy Delirio) nella sua interezza proprio all’interno del locale scambiando opinioni con tutti gli altri entusiasti accorsi. Fui rapito dall’iniziale BLACK SOUL che attraverso una trama oscura, canti gregoriani, neri assoli ed una voce sempre graffiante come evocativa e struggente di Steve fece intuire sin dall’inizio la grandiosità di quest’album. La successiva Title track e singolo apripista ROCK N’ ROLL ARMAGEDDON dotata di un ritornello anthemico fece invece capire la nuova direzione intrapresa dalla band verso un sound sempre moderno, sempre Death SS ma più immediato e di impatto, più Rock N’ Roll! Epica, trascinante e melodica HELLISH KNIGHTS con un refrain che rimase marchiato a fuoco al primo istante “We are the hellish Knights, We fight for freedom, We now demand our right to live for rock n’ roll” come aggressiva e pesante SLAUGHTERHOUSE, brano contenente la partecipazione del grandissimo Andy Panigada e avente il nobile merito di prendere in carico la causa animalista tanto giusta e cara a Steve.
Le successive CREATURES OF THE NIGHT e MADNESS OF LOVE mi stregarono attraverso il loro malinconico dark-gotico frutto della collaborazione con JJ Masini (nata già nel progetto W.O.G.U.E.) che sempre a grandi risultati è riuscita a dar vita ma ancora refrain e oscure melodie rapirono i presenti al Rock n’ Roll ed il tutto risultò da brividi già al primo ascolto. Non riuscì ad abituarmi a certe sonorità quando PROMISE LAND, ZOMBIE MASSACRE e THE FORTH REICH mi catapultarono stavolta su sentieri industrial in cui la pesantezza delle note non scalfiva minimamente la facilità e velocità d’esecuzione tipicamente RNR grazie ancora a refrain impeccabili e ad un lavoro alle chitarre stratosferico. MaeSStri!! L’ascolto della meravigliosa WITCHES’ DANCE rivisitata in maniera sublime rispetto alla versione già presente nell’EP “The Darkest Night” mi fece riflettere riguardo l’immenso suo potenziale live (ne abbi dimostrazione qualche tempo dopo al Porto Live Metal Fest del 19.07.2019, data in cui iniziò a nascere Forge of Steel), YOUR LIFE IS NOW risultò ipnotica grazie alla voce stavolta più calda di Steve, all’armonica di Marco Ramacciotti, agli assoli di chitarra e le backing vocals incantevoli come d’altronde la successiva THE GLORY OF THE HAWK (anch’essa inserita in altra versione nell’EP Dyonisus) con quella sua atmosfera Western capace di dimostrare la versatilità infinita del sound dei nostri. Da applausi!
Il brano di RNR Armageddon che mi impressionò in maggior modo fu però la conclusiva e trascinante “FOREVER”, un brano che mi piacerebbe tanto sentire dal vivo tanta è la carica Rock che trasuda tra assoli di chitarra maestosi, un cantato sempre mefistofelico ed un refrain che sembra essere un richiamo ai propri adepti “Burn with me, Keep Young forever! Light the flame. It will be forever”. Come non essere d’accordo Steve, FOREVER!!!
[Phil]
Chiudiamo questo viaggio e omaggio ai più grandi di sempre con la consapevolezza che i Death SS sono stati e sono ancora oggi parte integrante della nostra vita, indipendentemente dal successo discografico che la band ha comunque raggiunto, il suo più importante traguardo è stato quello di creare con i propri fans un legame indissolubile che dopo più di 40 è più vivo che mai, un senso di partecipazione alla vita o morte della band che a mio parere non ha eguali nel mondo della musica e forse anche in altri ambiti artistici. Scrivo queste ultime righe con la coscienza che Steve sicuramente possa regalare ancora tanto a tutti noi e che dopo l’uscita (a questo punto l’imminente) di X ci ritroveremo ancora una volta sotto il palco ad urlare “Death SS… Death SS… Death SS…”.
La SStoria Continua...